9 Luglio 2006. L'Olympiastadion di Berlino mette di fronte Francia e Italia nella finale della Coppa del Mondo. Ancora una volta le due nazionali si fronteggiano in una competizione internazionale, e gli azzurri hanno tutta l'intenzione di vendicare le sfortunate gare del 1998 e 2000. Il rigore di Zinedine Zidane sembrava riportare la nazionale di Marcello Lippi nell'incubo, ma l'immediato pareggio di Marco Materazzi e i (finalmente) tutt'altro che fatali calci di rigore regalavano il quarto mondiale alla nazionale italiana.
Sono passati 12 anni. Sono passati tre mondiali ed altrettanti Europei dalla vittoria più prestigiosa a cui possa ambire una nazionale, ed il ricordo della Coppa del Mondo alzata da Fabio Cannavaro è ormai sbiadito, la cocente delusione del mondiale mancato è il ricordo più prossimo e vivido che abbiamo se ci voltiamo indietro, e viene da chiedersi cosa abbiamo perso in tutti questi anni.
9 Luglio 2006: quello che avevamo
La vittoria del Mondiale 2006 fu una cavalcata trionfale. La nazionale guidata da Marcello Lippi arrivò in finale superando la squadra di casa negli ultimi minuti, e la lotteria dei rigori contro la Francia sarebbe oggi un tutorial perfetto di come calciare dagli undici metri. Ma quella nazionale è forse l'ultima di un ciclo di campioni che ha visto dominare tutti gli anni '90 e i primi anni 2000, dove i Roberto Baggio venivano sostituiti dai Francesco Totti e Alessandro Del Piero, dove i Demetrio Albertini e Roberto Donadoni venivano rincalzati dai Daniele De Rossi e Andrea Pirlo, dove i Gianluca Pagliuca trovavano poi i Gigi Buffon.
Avevamo una squadra "fortissimi". Qualsiasi elemento era un top player nel proprio club, qualsiasi giocatore chiamato in causa dalla panchina poteva essere tranquillamente titolare inamovibile. Avevamo un reparto difensivo interamente sostenuto da Fabio Cannavaro ed Alessandro Nesta, le fasce difensive che diventavano offensive con Gianluca Zambrotta e Fabio Grosso, le geometrie di Andrea Pirlo, la grinta e generosità di Gennaro Gattuso, la fantasia di Francesco Totti, le incursioni di Simone Perrotta e Mauro Camoranesi, la presenza sotto porta di Luca Toni. Si pescava dalla panchina un Marco Materazzi, un Daniele De Rossi, un Alberto Gilardino.
Ma questa squadra è invecchiata, e quei rincalzi che avevamo biennio dopo biennio dagli anni '90 in poi sono mancati sempre più.
9 Luglio 2018: quello che (non) abbiamo
Una evidenza la abbiamo tutti: il mondiale di Russia si sta giocando senza la nazionale azzurra. Per quanto impensabile, l'Italia non si è qualificata per la competizione più importante per la prima volta dopo 60 anni di partecipazioni, in cui la nostra avversaria nei play-off ha poi ben figurato arrivando fino ai quarti di finale.
Oggi siamo una piccola. Abbiamo perso tutto ciò che ha sempre contraddistinto la nostra nazionale sia tatticamente, che tecnicamente, che emotivamente. Eppure le ultime due coppe d'europa ci avevano visto ben figurare sotto la guida di Cesare Prandelli e Antonio Conte, con due spedizioni in cui se qualcosa è mancato tecnicamente qualcosa abbiamo avuto emotivamente. L'aspetto che è rimasto comune nel 2012 e nel 2016 è qualcosa che oggi manca: il gruppo. Giampiero Ventura non è riuscito a creare un gruppo di uomini che avrebbero potuto gettare il cuore oltre l'ostacolo, sopperire alle mancanze tecniche con l'apporto emotivo.
Mancanze tecniche. Perché è questo quello che manca davvero oggi. Nel 2006 avevamo 23 convocati che erano elementi fondamentali dei rispettivi club, mentre oggi si fa addirittura fatica a convocarne 23 di livello internazionale. Vuoi perché il livello della nostra Serie A è sceso drasticamente, vuoi perché si investe sempre meno sui giocatori italiani specialmente se giovani. Se Gigi Buffon ha resistito fino all'ultima gara con la Svezia assieme a Daniele De Rossi, tutti gli altri campioni del mondo non hanno trovato degni sostituti nelle varie posizioni in campo, relegando la nuova maglia azzurra targata Puma a prendere polvere.
9 Luglio 2022: cosa dovremmo ritrovare
Una risposta semplice quanto complicata: la qualità. Probabilmente non siamo mai stati una nazionale bella da vedere calcisticamente, se non negli anni del calcio totale di Sacchi, ma quello che non è mai mancato è la qualità dei singoli. Possibile che negli anni a venire non possiamo ritrovare una nazionale che possa mettere insieme giocatori capaci di risolvere partite con una giocata, o quanto meno una squadra capace di mettere in campo il cuore? È nostra la nazionale che ha visto attaccanti come Gigi Riva e Christian Vieri, è nostra la nazionale che ha visto fantasisti come Baggio, Zola, Del Piero, Totti, ed è sempre nostra la nazionale che ha avuto i difensori più forti della storia quali Baresi, Facchetti, Maldini, Nesta, senza dimenticare portieri come Zoff e Buffon. E sarà sempre nostra la nazionale che riuscirà a ricoltivare i nuovi talenti, se vorrà.
Perché la nazionale azzurra ha quattro stelle sul petto, e non può rimanere una piccola.